In ogni adulto c’è una parte infantile: può essere un bambino appagato, ascoltato e libero o un bambino deluso, triste o arrabbiato. È a quest’ultimo che, solitamente, vengono dedicate poche attenzioni, poco ascolto; ma questo bambino lotta per venire fuori ed essere ascoltato e, tendenzialmente, lo fa proiettando sugli altri le proprie frustrazioni e il proprio dolore condizionando, così, le relazioni affettive.
Cosa c’entra questo con la nascita? Si tratta di un processo che ha numerose implicazioni, ve ne propongo una delle più comuni in relazione al diventare genitori.
Il proprio modo di essere genitore dipende anche (ma non solo) dall’esperienza avuta con i propri genitori, la cui modalità educativa e relazionale può essere riproposta o fortemente evitata (più o meno consapevolmente). Può accadere che un genitore si porti dietro, dalla propria esperienza dell’essere figlio, dei vuoti relazionali o dei desideri insoddisfatti e che cerchi di soddisfarli, tramite i figli. Questo può essere molto pericoloso in quanto, nel momento in cui il bambino se ne fa carico, sarà privo di soddisfare, a sua volta, i propri bisogni e pagherà per il dolore non riconosciuto del genitore.
Le problematiche irrisolte del proprio passato influiscono sui figli e sulla relazione che si instaura con loro tramite la formazione di legami simbiotici o di aspettative che possono rappresentare un doppio pericolo: uno è che, se tali aspettative non dovessero essere soddisfatte dal figlio, il genitore potrebbe sperimentare una delusione per questo figlio “reale” diverso da quello “ideale” e che, di conseguenza, il figlio possa sentirsi inadeguato, “non all’altezza”; il secondo pericolo è rappresentato dal fatto che, se anche il figlio riuscisse a soddisfare le aspettative genitoriali, avrà sacrificato parte della propria autenticità.
Il bambino, facendo propria la sofferenza dei genitori, impiegherà molte energie per curare il loro dolore, energie che toglierà al proprio processo di crescita.
“C’è un terreno che precede la nascita di ogni bambino: è quello dove il suo alberello affonderà le radici. É un terreno in cui va a convergere il patrimonio storico ereditato attraverso le varie generazioni da quella famiglia fino a quello più recente ereditato da genitori, nonni, bisnonni con le loro singole storie.
Se in queste ultime il bambino avverte che ci sono dei ‘buchi’ da colmare o dei vuoti da riempire, è possibile che faccia tutto quello che può per cercare di farlo lui. Ma le risorse che impiegherà in questo sforzo utopistico e inutile (nessun bambino è in grado di riempire i buchi di una storia altrui) saranno sottratte al suo progetto di crescita, che ne risulterà così impoverito”
(A. Marcoli)
Dunque, occuparsi delle proprie ferite, senza nasconderle, significa dare a se stessi e ai propri figli la possibilità di vivere le emozioni in maniera libera e autentica.