La nascita di un figlio mette i genitori a contatto con tantissimi cambiamenti non solo concreti, ma anche psicologici. In questo periodo, infatti, si sviluppa la nuova identità di genitore, inizia una nuova relazione (quella con il bimbo) e si modificano le relazioni già esistenti (quella con il partner e quella con le famiglie d’origine e tutto il contesto sociale di riferimento), possono riemergere aspetti conflittuali e irrisolti legati alla propria infanzia, ai figli che si è stati e ai genitori che ognuno ha avuto.
Tutto ciò porta con sé tantissimi vissuti che variano da persona a persona.
Ciò che viene raccontato, in modalità diverse, è che questi sono eventi gioiosi, con connotazioni esclusivamente positive, ma ogni genitore ha la sua storia che influenza il modo in cui questi vive la gravidanza e la genitorialità. Può accadere, dunque, che i momenti bui, le emozioni e le sensazioni sgradevoli (tristezza, paura, rabbia, stanchezza) prendano il sopravvento e che i genitori si trovino in difficoltà, in colpa o in imbarazzo di fronte a questo. Così, determinati vissuti e determinate emozioni diventano dei tabù, qualcosa da non far sapere a nessuno, neanche al proprio partner e da nascondere, a volte, anche a se stessi, con la convinzione che ammettere di essere tristi faccia di sé una “cattiva madre” o un “cattivo padre”.
Ciò che non viene “raccontato” è che la genitorialità non è abitata solo da sentimenti di amore, ma anche di aggressività:
“Vi sono persone che rimangono colpite quando scoprono che un neonato non suscita in loro solo sentimenti d’amore”
(D.W. Winnicott)
La genitorialità ha anche un lato oscuro che non può e non deve essere un tabù. Parlarne è fondamentale per comprendere che questo non fa di sé un cattivo genitore, per arginare imbarazzo e senso di colpa, per evitare degli agiti comportamentali dannosi per sé e per gli altri.
Un percorso di accompagnamento psicologico alla nascita e al post-partum può essere utile in quanto rappresenta un’occasione per favorire condivisione nella coppia, per prendere contatto con se stessi in maniera intima e profonda, per sviluppare una maggiore consapevolezza del PROPRIO essere genitore, con la PROPRIA storia e le PROPRIE modalità, lasciando da parte metodiche standardizzate basate su convenzioni sociali che non tengono in considerazione la diversità di ogni essere umano e di ogni relazione. Rappresenta un modo, non per eliminare i problemi che si possono presentare, ma per conoscere le proprie potenzialità e risorse, le proprie naturali capacità di accudimento andando al di là di stereotipi e condizionamenti culturali la cui unica funzione è quella di favorire un senso di inadeguatezza.
Ciò è molto utile ai fini della prevenzione di disturbi dell’umore o di ansia che possono essere legati all’evento della nascita e che, anche se di lieve entità, possono compromettere la qualità di accudimento ma, se raggiungono elevati livelli di gravità, possono essere pericolosi per i genitori e per il loro bambino.
Il sostegno psicologico o, ove necessario, un percorso di psicoterapia è, inoltre, fondamentale nel momento in cui si sperimenta un disagio a livello emotivo (che non deve raggiungere necessariamente una forma psicopatologica). Un lavoro di questo tipo, attraverso l’ascolto non giudicante di un professionista, in un contesto protetto, permette di comprendere cosa accade, di prendere contatto con i propri vissuti in modo che questi, anziché essere soffocati, possano essere visti e compresi dando loro senso.
Per un neogenitore è molto importante fare esperienza dell’essere accolto e ascoltato, con i propri dubbi e preoccupazioni, in un momento in cui è costantemente orientato ad accogliere e ascoltare i bisogni del proprio bambino. Attraversare le proprie difficoltà e le proprie emozioni è importante per vivere la genitorialità in maniera più libera e autentica.