“Non prenderlo troppo in braccio altrimenti si abitua” o “vuole stare sempre in braccio, è viziato”… queste sono alcune delle frasi che, ancora, i neogenitori si sentono dire da chi ha esperienza, perché già i figli li ha avuti.
Eliminiamo queste false credenze con alcune informazioni utili.
Iniziamo con il dire che il neonato non è capriccioso e non ha vizi; ha passato circa 40 settimane naturalmente a contatto con la mamma, al caldo, accarezzato dal liquido amniotico, dal tocco indiretto della madre, dai suoni che percepiva all’interno del grembo materno. Immaginiamo quanto debba sentirsi spaesato e impaurito questo bimbo una volta fuori da tutto questo, dal solo mondo che conosce!
Tra i bisogni del neonato vi sono quello di contatto, di contenimento e di comunicazione. Qual è il senso che può garantirgli tutto questo? Il TATTO! E qual è l’organo di senso deputato a svolgere questa funzione? La PELLE!
Lo sviluppo del senso di esistenza di sé del bambino, fondamentale per lo sviluppo dell’apparato psichico, avviene anche attraverso il contatto con l’altro. Quando viene tenuto in braccio, il bambino sperimenta la vicinanza della madre, si muove con il suo corpo, sente l’odore della madre, sperimenta il contatto con lei, fa esperienza della sua pelle. La pelle, da questa prospettiva, è il luogo di scambio con la madre attraverso cui il bambino inizia a sperimentare il confine tra sé e l’altro; è attraverso la pelle e il modo in cui è stato toccato che il bambino sperimenta sensazioni che permettono di costruire la fiducia verso l’altro e lo sviluppo dei processi di pensiero.
La pelle è un organo di senso molto importante poiché ha numerose funzioni, tra cui quella di conoscere il mondo esterno e comunicare con questo: i messaggi sensoriali che passano attraverso la pelle si trasformano in percezioni consapevoli grazie all’attività cerebrale.
Il tatto è un senso fondamentale per la sopravvivenza, è il primo mezzo di comunicazione; sappiamo che si può sopravvivere senza la vista e senza l’udito ma importanti ricerche hanno dimostrato che il bambino non sopravvive se privato del contatto o subirà ferite emotive profonde. Il tocco è alla base del legame genitore-bambino e non è importante solo per il bambino ma anche per i genitori, soprattutto per la madre che con il parto, proprio come il bambino, vede interrompere un’esperienza di profonda simbiosi e si trova a dover elaborare questo distacco.
Limitare il contatto con il bambino dopo il parto, ad esempio, può far si che la madre sperimenti stati di confusione, disorientamento e, in casi più gravi, stati patologici tipici del post-partum.
Il tatto ha anche un’importante funzione a livello neurobiologico: il contatto fisico, il tocco dolce (che si tratti di carezze o di massaggi) stimola la produzione di ossitocina, ormone legato a stati di calma e di benessere, mentre riduce i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.
Come possiamo favorire l’esperienza di contatto?
Già durante la gravidanza è importante accarezzare il bambino attraverso la pancia; una volta nato il bambino, è fondamentale potere rispondere alle sue richieste di vicinanza e di contatto cullandolo se piange o massaggiandolo se ha dei dolori; con i bimbi più grandi possono essere utili giochi e filastrocche sul corpo o leggere tenendoli in braccio. È importante assecondare le loro richieste di contatto e di separazione avendo sempre a mente che ogni bambino è diverso e mostra esigenze diverse.